A Ibiza con Ryanair: volare low cost. Più o meno

di | 29 Agosto 2013

[reportage per l’Espresso n. 33 – 22 agosto 2013]

RYANDue centimetri di troppo. Il trolley di Gisella di Dalmine, fresca di maturità, in viaggio un mercoledì con destinazione Ibiza («Vorrei vedere il dj David Guetta»), è ingrassato dal borsello che è tenuta a stipare nel bagaglio. Non ci sono santi: la gabbia che Ryanair, il vettore low cost più sfruttato dagli europei, piazza a mo’ di bocca della verità, dice di no. «Bagaglio al gate 16». E in un lampo accorre la collega, armata di blocchetto per ricevute: la valigia è “da stiva” e «lasci pure a me, sono 60 euro per il disturbo». Così va il mondo, alla corte del discount aereo che ti fa volare da Milano “a prezzi stracciati”. Più o meno. Come Orio al Serio (Bergamo) è Milano: più o meno. O Paris Vatry, disperso nella Champagne a due ore di autostrada dalla Tour Eiffel: è Parigi, più o meno.

Sparare sulla compagnia rivoluzionar-popolana, salvo poi servirsene, è quasi una moda; la letteratura da Web pullula di racconti atroci e di accuse strampalate contro Ryanair che pure dice di sé: siamo ultra low cost, offriamo il miglior servizio. Più o meno. Cominciamo dal prezzo. Se (e solo se) prenoti con buon anticipo, per esempio, in estate voli nell’isola dei disco-party al prezzo di una pizza e birretta. Meglio: il costo dello spostamento è di 14,24 euro. Altri 7 euro volano via in spese amministrative; si insinua pure un addebito di 0,58 euro (è la tassa per carta di credito, 2 per cento sulla tratta, già costata 400 mila euro di multa a Ryanair perché occultata nei conteggi). Altri 7 euro li esige il check-in: Ryanair ha abolito l’accettazione in aeroporto, per risparmiare. In compenso, la fa e la paga il cliente. Totale: 31 euro e 57. Tutto incluso? Più o meno. Devi imbarcare un bagaglio? Sono 25 euro, più tassa. Riservarti un posto, magari per decollare accanto a tuo figlio? Altri 10 euro. Totale: 83. Se il conto non torna è perché in un passaggio della più che farraginosa prenotazione, se non te ne avvedi, si autocompila il campo di una polizza da 17,69 euro contro cancellazioni e incidenti. Il Ryan-mondo, diretto dal boss iconoclasta Michael O’Leary, rievoca il marketing da televendita: saturo di asterischi, postille e zone grigie, magnifica prezzi parsimoniosi ma costringe, per acchiapparli, alla corsa a ostacoli. Il transito dalla homepage del sito all’agognata conferma della prenotazione, alla faccia del facile e veloce, consta di una sequela disarmante di opzioni e profferte. Evitarle è impossibile: tutto ciò che Ryanair ti propina, se non lo vuoi, devi dichiararlo. Che sia l’sms di conferma volo (un euro e 61), la Ryan-carta per chiamare dall’estero, l’imbarco prioritario, il parcheggio, la navetta, il noleggio auto. Se ti sei perso le 17 pagine del contratto di trasporto, peccato: l’ignoranza non scusa.

Quindi: hai dimenticato o smarrito la carta di imbarco che tocca a te stampare? Sono 70 euro e, gratis, la patente di «idiota» che O’Leary affibbiò a una signora di Bristol, rea di aver chiesto pietà per 300 euro pretesi in cambio di quattro fogli A4 non presentati all’imbarco. Non puoi partire? Niente rimborso. Hai trovato chi ti rimpiazza? Il cambio di nominativo fa 110 euro. Viaggiare con Ryanair, dicono loro, è una pacchia. Più o meno: solo lo 0,42 per mille dei passeggeri si lamenta. Tranne quelli che, a fronte di danni dappoco, rinunciano a telefonare al servizio clienti a più di un euro al minuto, faticano con l’inflessione irish o si imbattono in una casella postale di Dublino.

Eppure sul volo del ritorno da Ibiza, a fine giornata, la pulizia sommaria (cioè tempo risparmiato, cioè soldi: di queste e altre pratiche, anche allarmanti, parla un pilota Ryanair in un libro-denuncia uscito solo in Francia, “Ryanair low cost mais à quel prix”) ha reso il Boeing 737 simile a un cinema la mattina del lunedì. Il personale è gentile. Pressappoco: uno steward ti toglie di mano il bagaglio, apostrofandoti «Ehi signore!», e te lo piazza dove vuole. Un altro, all’andata, osservava con aria schifata i forzati da rave party, accompagnando alle istruzioni degli scocciati «ve lo ripeto per l’ennesima volta», come un ufficiale disgustato dal suo gregge di reclute. Nell’ora e quaranta di volo, con gli speaker “sparati” al massimo (pare una direttiva di marketing) gli assistenti propongono sigarette senza fumo, un servizio bar del Getaway Cafè (panino, patatine e Heineken a 14 euro a 50), un servizio bevande (un caffè, 3 euro), un concorso gratta e vinci. Dice il soave O’Leary: «Se cerchi un volo tranquillo vattene: noi abbiamo aerei pieni, rumorosi e tentiamo di venderti di tutto». Come un litro d’acqua, che hai lasciato a terra per risparmiare sul peso: 6 euro.

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