Marlene Kuntz, la fatica del paroliere

di | 14 Ottobre 2013

[pubblicato sull’Unità del 13 ottobre 2013]

marlene-kuntz_650x447In piazza a Cuneo, la minicittà capoluogo dei fuoridalmondo, il leader dei Marlene Kuntz Cristiano Godano non è un rocker ma un paesano come gli altri, il contadino con l’Ape e il professionista con la erre moscia della Savoia. Il filologo Dionisotti aveva scolpito quel quid della gente di qui in un non detto: «Cosa vuol dire essere piemontesi? Se me lo chiedi non lo so; ma se non me lo chiedi, allora lo so». Seduto in faccia al sole, gli passa innanzi il bassista dei proto-Marlene, Franco Ballatore. Lui aveva lasciato da ragazzo, non vedeva un futuro nel noise rock alla piemontese; forse non aveva intuito che, di lì a poco, si sarebbe schiuso l’album Catartica, il diamante grezzo del gruppo, uno dei migliori prodotti che il rock italiano abbia mai partorito. A fine estate i Marlene hanno battezzato il loro nono figlio, Nella tua Luce. Distribuito da Sony ma concepito, montato e limato in casa, con il chitarrista Riccardo Tesio vestito anche da arrangiatore e bassista, consta di undici brani inediti in cui la poetica siglata MK spazia dal lirico di Seduzione all’Adele che reca la lettura propria di un tema sociale – categoria un tempo evitata con cura dagli eterei Marlene – quale lo stalking.

Adorato dal pubblico di nicchia della musica indipendente, anche in questo lavoro della maturità il bibliofilo Godano ha inseguito la commistione del testo-canzone con la letteratura classica: un omaggio sperticato a Oscar Wilde, l’ammirazione per la vicenda umana del poeta maledetto dal regime, Osip Mandel’stam; e quel lessico, sempre ricercato e raffinato, “marleniano” per gli estimatori, potente e austero come un barolo d’annata: certo, è altra cosa dal rock-pop al lambrusco ma «la nostra non è una posa, o un atteggiarsi. Mi affascina la creatività dello scrittore: Nabokov, la metaletteratura, l’autore che esce dalla trama per riflettere sull’opera insieme al lettore. Non è un desiderio di esibizione intellettuale: è uno slancio, un impeto».

Ogni canzone nasce da una felicissima e atroce sofferenza, sostiene Godano arrotondando le “o” alla cuneese e volendo – chissà – rievocare le “fatiche nere” di un illustre conterraneo, il grande Beppe Fenoglio; ma i testi dei Marlene Kuntz, che probabilmente escono pure essi “leggiadri da una decina di penosi rifacimenti” come le pagine della Malora, sono l’esito di una via obbligata: «Non riesco a concepire l’arte come improvvisazione. La cura per la parola è una dimensione che riguarda chiunque scriva in modo artistico. Non mi affascinano i miti della spontaneità o della semplicità, se non come risultato ultimo. Buttare un secchio di vernice per terra potrà essere arte, tuttavia preferisco la dignità di una fatica: la bellezza non credo possa prescindere dal lavoro. Anche dal sacrificio».

Vent’anni di carriera, più di milletrecento concerti: tra i primi estimatori di sonorità e testi dei Marlene Kuntz, quel Giovanni Lindo Ferretti transitato dall’Islam Punk dei CCCP alla teologia ratzingeriana; nel 1994 aveva cantato Lieve, capolavoro di una misconosciuta band di provincia che dai fragorosi esordi di Catartica e Il Vile si è fatta più tecnica e compassata, sostanzialmente senza tradire la sua genetica. Superata una crisi di rigetto della Rete, una cui onda a-legale (la pirateria) ha polverizzato il mercato dei dischi («ma anche perché in Italia, che del resto è il Paese che processò De Gregori, la pretesa di vivere di musica viene considerata un’oscenità, soprattutto dai melomani della scena alternativa»), i Marlene si sono avvicinati con circospezione ai nuovi media, fino ad abbracciarli: per Nella tua luce si sono prestati a farsi filmare durante le sessioni di registrazione, pubblicate su Facebook. Il gruppo dispone del suo bravo account su Twitter, del canale YouTube, regala le foto rubate nei retroscena – che oggi il pubblico pretende – su Instagram. «È un mio piccolo tarlo – dice Godano – e Nick Cave la chiama “la tragedia di Internet”: è la condanna a lavorare gratis perché si pretende di ascoltare senza spendere. Ma se vogliamo fare come nella Bulgaria socialista, che si ascolti il rock bulgaro. Non voglio apparire un lamentoso ma la soluzione non è regalare e non è Spotify, un software che lascia le briciole alle case discografiche e nulla alle band».

Forse è l’insistenza sul concerto come fonte di sostentamento: il Tour dei Marlene partirà con un assaggio del nuovo disco a fine anno, in tre porzioni (il 9 novembre all’Audiodrome di Moncalieri, il 15 al Live Club di Trezzo sull’Adda, il 16 a Roma alla Stazione Birra). Dai locali per universitari sbronzi di Torino a Sanremo e ritorno, l’anima dei Marlene Kuntz appare serena e consapevole; spogliato di un’antica ritrosia all’esposizione di sé, spesso interpretata come spocchia, Godano ha una voglia matta di portare in viaggio il disco, realizzato con l’aiuto del jolly Davide Arneodo. Di fronte alla vecchia ma fascinosa Marlene, difficilmente qualcuno storcerà il naso.

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